Gabriele Ferri ci parla di gamification e storytelling – #parte1
Lo storytelling e la gamification sono due campi che da sempre vengono osservati e studiati con curiosità dal team di Intersezione, e le cui opportunità sono state più volte sfruttate dall’agenzia per dare forma a coinvolgenti campagne di comunicazione.
Per questo motivo ci piace rapportarci con alcune figure che rivestono ruoli di primo piano in entrambi i settori.
Oggi vi presentiamo la prima parte dell’intervista che abbiamo fatto a Gabriele Ferri, nella quale l’urban-game designer e ricercatore in semiotica e game studies recentemente approdato nei laboratori dell’Indiana University ci racconta il suo percorso personale e ci parla di come inserisce la gamification e lo storytelling nei propri lavori.
Qual è il tuo percorso personale?
Io sono dell’80. Ho conseguito la Laurea triennale in Scienze della Comunicazione e la Laurea specialistica in Semiotica, entrambe all’Università di Bologna.
Sono sempre stato appassionato di videogiochi, giochi di ruolo, giochi dal vivo e giochi da tavolo, e verso la fine del corso di Laurea specialistica ho provato a leggere il tema del gioco attraverso la lente della semiotica.
Ho fatto la tesi di su questi argomenti, mi sono laureato e mi sarebbe piaciuto continuare la ricerca con un Dottorato. Purtroppo però mi sono laureato in un periodo poco adatto per tentare di proseguire verso quella strada.
Mi sono ritrovato con circa sette mesi di tempo libero, e ho deciso di approfittarne per tradurre la mia tesi di laurea in inglese e inviarla a quasi tutti gli autori presenti nella mia bibliografia.
Un’importante professoressa di Atlanta mi ha risposto proponendomi di andare in America un paio di mesi per approfondire la mia ricerca. Ho accettato e mi sono trovato molto bene in quell’ambiente.
Chiusa quella parentesi sono tornato a Bologna per il dottorato di ricerca, e ho continuato a fare spola con Atlanta. Dopo il dottorato ho cominciato a insegnare e a partecipare a convegni in diverse Università italiane, fra le quali quelle di Bologna, Modena e Reggio Emilia e Perugia.
A Reggio Emilia, grazie al Professor Patrick Coppock, ho iniziato a interessarmi ai giochi urbani. Si tratta di quei giochi che prevedono attività ludiche organizzate che hanno luogo in contesti urbani.
In particolare con Patrick ci siamo occupati di giochi urbani con fini sociali. Abbiamo anche ricevuto un finanziamento dalla provincia di Reggio Emilia per l’adattamento di un gioco urbano sviluppato negli Stati Uniti da una docente con la quale siamo in contatto, volto a stimolare il dialogo interculturale. Noi lo abbiamo adattato al contesto reggiano, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche da quello contenutistico.
Da lì in poi abbiamo continuato a svilupparne di nuovi adatti al territorio, anche grazie al contributo di alcuni studenti che hanno partecipato a workshop sul tema.
In alcuni di questi giochi chiedevamo ai partecipanti di interagire con gli immigrati per scoprire, ad esempio, ricette etniche, traduzioni di determinate frasi curiosità sulle loro città di origine. I partecipanti dovevano riprendersi mentre prendevano parte al gioco, o con il proprio smartphone o con delle telecamere che noi davamo in dotazione e lo scopo era quella di di invogliarli al dialogo interculturale.
Pochi mesi fa sono stato selezionato dall’Indiana University. Mi sono trasferito a metà agosto e almeno per un anno adesso lavorerò lì.
Lavoro all’interno dell’Intel Science and Technology Center for Social Computing: un istituto di ricerca che lavora in più sedi, fra le quali l’Università dell’Indiana.
È sponsorizzato e finanziato dal produttore di processori per computer Intel e raccoglie diversi ricercatori che si interrogano su cosa potremmo fare con i computer e con i device mobili nei prossimi anni. Ai ricercatori dell’Indiana University interessa particolarmente la tematica del gioco, e per questo motivo hanno espresso interesse verso il mio profilo.
Io dovrò approfondire nuovi modi di giocare e raccontare storie attraverso smartphone di ultima e prossima generazione in contesti urbani e sociali.
Come si inseriscono la gamification e lo storytelling nel tuo lavoro?
Nei progetti che abbiamo realizzato a Modena e Reggio Emilia i partecipanti erano coinvolti in una sorta di ricerca di storytelling. Come spiegavo, i partecipanti dovevano andare a caccia di narrazioni.
Il meccanismo è risultato interessante. Molti partecipanti ci hanno detto di aver compreso alcune peculiarità e difficoltà che interessano chi vive in un luogo del quale non conosce determinate caratteristiche.
(Continua…)
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