Dello storytelling, di Facebook e di Storify
Negli ultimi anni, sullo storytelling si sono spesi fiumi di parole. Ma che una realtà come Facebook basi il suo nuovo aspetto “diario” o “timeline”, proprio su questa strategia, è un fatto. E non trascurabile.
Lo ha analizzato con grande acutezza Jamie Tedford su Forbes: “se leggi tra le righe, scoprirai che l’intera piattaforma di Facebook è organizzata attorno alla generazione e all’amplificazione di storie. […] La Timeline aiuta i brand a diventare narratori migliori ed estende il raggiungimento di queste storie a più clienti e potenzialità.”
Tedford prosegue con una breve rassegna dei principali punti di forza dello strumento. Pochi di noi, infatti, conoscono l’origine dei prodotti che usiamo o dei marchi che amiamo. E queste notizie hanno un interesse forte per il consumatore, insospettabilmente forte. “Sapevi che American Express ha cominciato come servizio di corriere alla fine dell’800? O che la Coca Cola è stata inventata come intruglio per curare il mal di testa?”. La Timeline del diario è allo stesso tempo archivio e blocknotes, evidenziando i momenti chiave della storia dei brand, percorrendola per scoprirla e condividerla.
Cambia dunque anche la mentalità alla base degli aggironamenti: non sono più post, sono nuovi pezzi di storia, e quelli più importanti possono essere messi in evidenza. Bisogna smettere di aggiornare post e iniziare a condividere narrazioni…
Cambia anche il lessico, basato molto di più su delle azioni e dei verbi. Questo cambiamento è così profondo che la pubblicità in Facebook viene proposta come “Sponsored Stories“. La cosa si amplifica attraverso le Featured Stories e il mobile: una buona storia ha ancora più chances di essere condivisa e seguita rispetto al semplice aggiornamento, e di essere messa in circolo tra pagine sponsorizzate, fan pages, pagine profilo. Questa coerenza più che suggerita sarà imposta da Facebook il 30 marzo, quando il nuovo aspetto e la nuova struttura delle pagine sarà automaticamente cambiata con la Timeline del Diario.
L’urgenza di un ripensamento strategico di Facebook in chiave narrativa ha fatto sì che nell’azienda di Tedford si sia creato un nuovo gruppo professionale, addetto a creare in modo collaborativo e creativo delle storie da raccontare sul social network: sono gli Story Planners. Una nuova figura professionale?
Quel che è certo è che gli strategist hanno capito che le storie aggregano non solo notizie, ma anche e soprattutto persone. E che chi sa raccontare (bene) una storia acquisisce un ruolo importante, da guida quasi sciamanica (non ci si vergogna a parlare di “guru”, quindi…).
Se Facebook ha trovato nello storytelling una strategia preferenziale, il meno diffuso Storify vi ha impostato nome e identità in nome del “create social story”. Storify è qualcosa di più di un “metasocial”, un aggregatore creativo (se è vero che creatività è la nuova unione di elementi già esistenti). L’utente crea nuovi percorsi narrativi pescando “pezzi” per la propria personale evoluzione di eventi, opinioni e impressioni dal mare di Facebook, Twitter, Flickr, Youtube, blog. La nuova storia può essere embeddata in un unico link, arricchita automaticamente con i nuovi aggiornamenti.
httpv://youtu.be/bLk2lo-twis
Il risultato è di forte impatto visivo ed emotivo, delle potenzialità si sono accorti già in tanti: tanto da far parlare di una nuova forma di citizien journalism e della figura emergente del “curator” (selezionatore, aggregatore, verificatore di notizie raccolte dalle fonti più disparate e poi condivise).
Ma Storify si addentra in un altro fondamentale aspetto: quello del transmedia storytelling. Jeff Gomez, media guru qui intervistato su Wuz, ne parla diffusamente come il futuro della narrazione (e dunque delle tecnologie come strumento comunicativo). Non ci sono più confini tra i media e tra i linguaggi, ma sinfonie narrative “transgeniche” più o meno efficaci, ma che hanno nel meticciato degli strumenti una forza innovativa e trasversale.
(Caterina Bonora)
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